Secondo il portale online Il Quaderno, una grande impresa cinese è interessata alla diga di Campolattaro. Sembra che Repower stia cercando di rendere gradevole il suo progetto per una centrale di pompaggio a Campolattaro alla China Power. Questo nonostante l’impianto di stoccaggio non stia economicamente in piedi, e neanche sia più interessante di una nuova centrale a carbone. Repower potrebbe addiritura cercare di spingere i cinesi ad investire anche nella centrale a carbone di Saline Joniche.
La China Power Investment Corporation è la quinta società energetica pubblica cinese, secondo Wikipedia. Produce il 10% dell’energia del paese e ha espresso interesse nella diga di stoccaggio a Campolattaro durante un incontro che si è svolto il 30 novembre, apparentemente iniziato da Repower. La diga fa parte del progetto centrale di pompaggio della Repower.
La Repower non fa un mistero del fatto che stia cercando di trasformare in liquidità alcuni dei propri investimenti falliti per la costruzione di nuove centrali. Avere mezzi disponibili è diventata un’urgente necessità per la più grande impresa energetica dei Grigioni. Repower potrebbe cercare di spingere i cinesi ad investire anche nella centrale a carbone di Saline Joniche, centrale progettata in Calabria la quale la società svizzera controllata dal cantone dei Grigioni non è ancora riuscita a vendere.
Dopo l’ultima terribile ondata di nuove centrali a carbone costruite nel paese, è chiaro che per la Cina si sta chiudendo un’epoca, e che gli investitori attivi nel settore stiano cercando nuove opportunità di investimento all’estero, come dimostra la loro entrata nei Balcani.
Ad esempio, la società EFT (svizzero, cipriota, danese e del Regno Unito) sta costruendo una centrale a carbone cinese a basso costo a Stanari (o Stanary) in Bosnia. EFT è l’acronimo di Energy Financing Team, una sorta di miracolo (per quanto dubbioso) in quanto genera profitti notevoli con un numero minimo di impiegati, quasi tutti di base a St. Gallen in Svizzera. Lo sfondo del suo proprietario, Vuk Hamovic, non è proprio rose e fiori.
La centrale a carbone di Stanari non rispetta gli standard di emissione, ma EFT è riuscita praticamente ad evitare i vincoli della VIA. La decisione di costruire e finanziare l’impianto attraverso società cinesi è stata presa dopo il fallito tentativo di costruzione di un altro impianto a emissioni più basse.
Qualsiasi società cinese interessata all’acquisto della centrale di Saline Joniche dovrebbe sapere che in Italia non sarà così facile evitare la normativa in materia ambientale. E sarà difficile convincere gli abitanti della regione calabria ad accettare l’impianto, molto più difficile che a Stanari.
Per una società cinese come China Power, o qualsiasi altra, non sarà affatto un gioco da ragazzi di trovare un accordo con i clan del crimine organizzato locale in merito alla costruzione della centrale. Qualsiasi investitore farebbe bene a pensarci due volte prima di rimpiazzare la SEI S.p.A. e Repower AG e scottarsi le ditta con una centrale a carbone in Calabria.